Jack, Francis e Peter sono tre fratelli molto diversi che, dopo la morte del padre, si ritrovano per intraprendere un viaggio spirituale in India e per ricostruire il loro rapporto. Umorismo stralunato, colori pastello e ottime riprese accompagnate da una musica sublime: lo stile di Wes Anderson è inconfondibile. Un universo fuori dagli schemi. I colori (filo conduttore delle opere di Anderson) sono vivi come non mai, lo spettatore rimane totalmente accecato dalla bellezza dei luoghi e dai contrasti cromatici. C’è una ricercatissima concentrazione sui dettagli. Le inquadrature poi, spesso simmetriche, consentono di soffermarsi su ogni piccola sfumatura. Ogni minimo aspetto ha un valore comunicativo.
“Il treno per il Drajeeling” è un film nostalgico e sincero, in cui ancora una volta Anderson affronta il tema della famiglia: i tre fratelli cercano un modo per ritrovare se stessi e ricominciare a fidarsi l’uno dell’altro; rappresentano un’idea di famiglia vera in cui si lotta per comprendersi e non perdersi. Il regista statunitense ha abituato il pubblico ad un tipo di cinema delicato, in cui è presente un’attenzione maniacale (quasi ossessiva) al ton sur ton e alla simmetria. Al di là della bellezza della fotografia e dei colori, nelle opere andersoniane c’è anche una profondità di contenuti: ne “Il treno per il Drajeeling”, come in altre pellicole, Anderson si sofferma sui personaggi e sulle loro fragilità, in questo modo lo spettatore si sente catapultato in un mondo coloratissimo ma verosimile. È come se il regista parlasse anche un po’ di sé. Ogni percorso emotivo, sia esso una riappacificazione familiare o una crescita personale passa attraverso numerose fasi e attraverso un lungo viaggio.
La sinossi de “Il treno per il Drajeeling” è semplice ma funzionale, per Anderson è solo un pretesto per mettere in scena un piccolo universo in cui lo spettatore può partecipare emotivamente. Le opere andersoniane consentono di riflettere, ragionare; la precisa cura dei dettagli è un espediente che il regista utilizza per permettere lo spettatore di riflettere, quasi come se mettesse il film in pausa. È uno spettacolo entrare in questo mondo.
Mariantonietta Losanno