AVERSA – Si chiama Anna Petriccione ed ha 62 anni l’autrice della lettera, da qualche anno combatte la sua battaglia contro il cancro, che lo scorso inverno l’ha portata ad un pronto soccorso, trasformatosi poi in un ricovero di venti giorni prima presso altra struttura, poi, il 2 febbraio è approdata al Moscati.
Questa è la sua controdenuncia:
“Qualche giorno fa ho avuto modo di leggere, come tutti voi, lo sfogo dell’amico di un ammalato ricoverato nel reparto di ematologia dell’Ospedale “Moscati” di Aversa, purtroppo la persona in questione è poi deceduta.
Ho deciso però di raccontare la mia esperienza vissuta da ricoverata per oltre due mesi all’interno di quello stesso reparto.
Arrivo in ematologia del Moscati dopo un lungo peregrinare in altre strutture sanitarie con una enorme ulcera allo stomaco procuratami dall’uso costante dei medicinali. Mi curavano per un’ernia al disco quando invece ero affetta da un linfoma di NonHodgkin/b, con indice di proliferazione K al 90% diffuso a grandi cellule.
Resto in ematologia ad Aversa per oltre due mesi. Sia in reparto durante la fase preparatoria alla chemioterapia, sia in isolamento successivamente, posso affermare che quei medici, con l’aiuto di Dio, mi hanno salvato la vita. Sono stata coccolata da tutto il personale sanitario che con tutti i pazienti cercano di creare fin dai primi giorni rapporti basati sulla fiducia, sull’empatia, su un’armonia quasi familiare. Questo modo di fare assistenza aiuta moltissimo a superare momenti che difficilmente possono essere descritti, dove a volte si pensa davvero di non farcela e all’improvviso ti trovi accanto l’infermiere o il medico che con discrezione e garbo ti stimola, ti incute fiducia, mettendo in campo in ogni occasione, umanità, competenza e professionalità, donandoti quella forza di andare avanti che credevi di non avere più.
Ora sono tornata a casa dopo quasi 70 giorni di ricovero, strappata alla morte per miracolo e con il loro impegno. Da allora continuo a frequentare quel reparto per i controlli periodici, anche quelli sul midollo e continuo a verificare la qualità delle relazioni che si instaurano in quel luogo tra il personale medico ed infermieristico ed i pazienti.
Per questo ho voluto raccontare molto sinteticamente la mia esperienza, perché credo che quanto denunciato sia stato dettato da uno stato d’animo del momento dovuto all’enorme dispiacere per la perdita che si stava vivendo, la morte di un caro amico.
Concludo invitando le autorità competenti a profondere ogni sforzo invece per creare altre strutture di eccellenza come questa del reparto di Ematologia del Moscati di Aversa, altri team di professionisti umani e preparati, dove il lavoro del medico o dell’infermiere non è più solo un lavoro ma una vera e propria missione e dove l’aspetto umano e psicologico della professione conta tanto quanto le cure mediche messe in campo”.