Anche se tardi, l’Italia riconosce i meriti di una figura significativa della lotta al fascismo nel nostro Meridione. Oggi il presidente della Repubblica Sergio Mattarella scrive agli eredi di Benedetto D’Innocenzo (lettera in calce), Rosalba Elia e sua figlia Paola Broccoli, riconoscendo la figura del loro avo ed il suo ruolo nella resistenza locale.
Rosalba Elia nipote di Benedetto D’Innocenzo, durante una visita alle Tremiti (dove D’Innocenzo era stato confinato nel 1938 con Corrado Graziadei) con la figlia Paola Broccoli, notò l’assenza di almeno una targa a ricordare la storia dei luoghi. Immediato l’invio di una lettera al Sindaco ed al Presidente della Regione Puglia caduta nel nulla.
Paola Broccoli e la madre (figlia di Deifra, sesta dei nove figli del D’Innocenzo) decisero così, con Sindaco di Calvi Risorta Giovanni Rosario Lombardi, di apporre una targa il 23 dicembre 2018.
Significativo, in quell’occasione, l’intervento del Professore Giovanni Cerchia, che aggiunse nuovi elementi alla figura del D’Innocenzo. “Nel corso di una ricerca sulla resistenza nel Mezzogiorno – aveva dichiarato il Professore Cerchia – “tra le carte versate nel 2012 dal Ministero della Difesa, all’Archivio Centrale dello Stato, ho scoperto che Benedetto D’Innocenzo, il figlio Diocrate D’Innocenzo ed il genero Antonio Elia, sono riconosciuti come partigiani”. Benedetto D’Innocenzo, nasce a Calvi Risorta 1il 29.01.1897 da D’Innocenzo Angelo, carabiniere a cavallo di origini abruzzese e Mele Carolina di Calvi Risorta. Il 02.06.1904 Benedetto sposò Alessandra Alessandrini, nobildonna pisana. Dal matrimonio nacquero i figli: Otello, Desdemona, Diocrate, Trieste, Trento, Deifra (nonna di Paola Broccoli), Isaia, Giacomina Ribelle e Vladimira, scomparsa a pochi mesi. La famiglia D’Innocenzo era titolare di una fabbrica di laterizi e di gazzose e viveva una condizione economica piuttosto agiata per l’epoca. Tuttavia sin da giovane fu sempre schierato a difesa dei lavoratori e per la libertà. Nel 1921 con la scissione di Livorno, di cui Amedeo Bordiga era riferimento, aderì al neonato Pdci. Nel 1924 partecipava al Convegno di Como in rappresentanza della Federazione comunista di Terra di Lavoro. Il 9 aprile 1925 subì una perquisizione personale e fu sequestrato u opuscolo sovversivo “Soccorso Rosso”. Nello stesso anno a Taverna Mele si teneva il Congresso provinciale del partito cui partecipavano Ennio Gnudi e Umberto Terracini. Dal 1928 al 2 gennaio 1937 fu costantemente vigilato. Delle vicende politiche di D’Innocenzo si è occupato Giuseppe Capobianco nei suoi scritti. Il 24 marzo 1937 D’Innocenzo veniva arrestato perché aveva diffuso notizie apprese via radio da Barcellona relative a Alessio D’Andreti di Roccaromana, prigioniero in Spagna. Durante l’arresto fu trovata indosso a D’Innocenzo una lettera avuta da Corrado Graziadei con cui si avvertivano i familiari del D’Antreti. Il 31 marzo 1937 D’Innocenzo veniva condannato a due anni di confino alle isole Tremiti. Nel 1942 D’Innocenzo si occupava della distribuzione de il giornale clandestino “Il proletario”, stampato a Capua. Fu attivamente impegnato con la sua famiglia a contrastare i nazi-fascisti e dopo la fine della guerra Taverna Mele fu la sede operativa per l’occupazione delle terre. Taverna Mele è stato il luogo in cui sono transitate generazioni di militanti e dirigenti comunisti. Solo per citarne uno, ricordiamo l’on. Giorgio Napolitano futuro Presidente della Repubblica”.