Su che cosa si fonda la responsabilità? Senza dubbio, sulla scelta, sul sostrato che la sostiene, ovvero quell’atto decisionale per cui preferiamo una cosa rispetto ad altre infinite possibilità. Esiste, quindi, un nesso intrinseco tra responsabilità e scelta. Il filosofo danese Kierkegaard ha focalizzato un’ingente parte della sua attenzione sulla portata della scelta, mettendone in luce aspetti non tautologici, capaci di mettere in crisi quel binomio responsabilità-scelta che sembrava essere fisso. In uno dei suoi capolavori “Aut-aut”, Kierkegaard rivoluziona il senso del decidersi, affermando che: “La personalità, già prima di scegliere, è interessata alla scelta, e quando la scelta si rimanda, la personalità sceglie incoscientemente, e decidono in essa le oscure potenze”. Sconvolgendo il senso comune, il filosofo ha permesso di elaborare alcune importanti riflessioni. Ha mostrato, infatti, come anche il non scegliere sia di per sé una scelta: non decidersi significa scegliere di non scegliere. Al di là della confusione del gioco di parole nella negazione, Kierkegaard ha messo in crisi il nesso di partenza, constatando che, di fatto, l’uomo è sempre intrappolato in una scelta, anche se tenta di staccarsi da essa. È costante, quindi, un senso di instabilità, indecisione e spaesamento. È l’intero concetto di libertà che viene minato alle radici, per aprire tracciati nuovi e inesplorati, per allontanare dalla banalità di schemi prestabiliti e dal rischio di dare per scontato ciò che non lo è.
Abbiamo già più volte dimostrato come sia possibile che il cinema leghi con altre forme d’arte in maniera totalmente spontanea: una pellicola può racchiudere in sé la poesia, la pittura, la musica, e naturalmente, anche la filosofia. “Sliding doors”, diretto da Peter Howitt al suo esordio alla regia, racconta una doppia storia. Helen (interpretata da Gwyneth Paltrow) prende la metropolitana. Helen perde, per una frazione di secondo, la stessa metropolitana. Due destini e due personalità: un singolare esperimento narrativo, suggestivo nella sua semplicità, con dialoghi vivaci e arguti. L’efficacia di questa pellicola sta nel fatto di essere concretamente ipotizzabile nell’immaginario quotidiano. Quante volte è successo di arrivare in ritardo alla fermata del treno (soprattutto nelle grandi città), quante volte si è presentata un’opportunità al posto di un’altra? “Il mondo creato da Dio è solo uno fra gli infiniti possibili che Dio avrebbe potuto egualmente creare. Ogni combinazione, infatti, che differisca anche minimamente da un’altra, e che non contenga elementi reciprocamente contraddittori, equivarrebbe a un mondo diverso”, ha detto il filosofo tedesco Leibniz. Un piccolo dettaglio, come l’apertura delle porte della metropolitana (da qui il titolo “Sliding doors”, ossia “porte scorrevoli”), può aprire nuove prospettive. Può cambiare l’intensità, cosi come possono cambiare le ragioni stesse dell’esistenza.
Il film concede allo spettatore di respirare la concreta possibilità di modificare la propria vita in ogni istante. Naturalmente, le conseguenze potranno poi essere in parte liete, in parte negative. Fa parte della vita, e la pellicola, infatti, vuole mantenere concretezza, non sarebbe possibile ipotizzare solo opportunità positive. È il potersi concedere il lusso di scoprire e conoscere realtà inaspettate che infonde speranza. Dietro ogni scelta si nasconde un corollario di alternative, dipende tutto dal caso, dalla libertà di scelta, e dalla voglia di aprire o chiudere le “porte scorrevoli” in cui ci si imbatte.