di Calpurnia
La Notte racconta
Il Buio ascolta
La Luce purifica
Flora spalancò la porta di colpo…entrò come un turbine nel salone e si gettò sul divano…era eccitatissima…
Ehi gente di casa…ci siete?…ehi…mamma…papà…dai… venite fuori dalle vostre tane…Corrado ci sei?, vieni giù… corri!…
Dalia era appena tornata a casa da scuola e Vittorio era nel suo studio… il primo ad arrivare nel salone, con due salti, fu Corrado che guardò sua sorella e andò a sprofondarsi nel divano accanto a lei…
“Hai fatto quella ricerca?…dai…racconta…è vero che c’è stato un delitto da queste parti? Dai…racconta…e dai su…non farti pregare…”
Flora era rossa in volto e fremeva dalla voglia di raccontare quello che aveva scoperto, ma voleva la platea… tutta la sua famiglia doveva essere presente e continuò a chiamare…voleva raccontare quella storia emozionante…sensazionale…
Dalia era nella camera da letto e stava cambiandosi…Sentì sua figlia che la chiamava e si affrettò… Indossò una tuta da casa e si guardò allo specchio…”di fronte a lei c’era una donna che aveva perso di vista…le sembrava di averla notata l’ultima volta mentre comprava un rossetto nella profumeria all’angolo”…Nei tempi in cui era felice…imbastiva una storia diversa tutte le volte che si guardava allo specchio…si vedeva bella ed elegante…interessante e seducente…si guardava e si adulava, inventando una piccola storia per se stessa…qualche volta… Vittorio entrava all’improvviso e, conoscendo quel vezzo, la prendeva in giro dicendo: stai recitando?, quale parte interpreti oggi?…Erano i tempi felici, quelli che hanno il colore dell’aria, il tepore del sole, quelli che ti fanno amare persino le giornate di pioggia, che ti invitano a riconoscerne l’incantesimo… quelli che ti consentono di vivere cantando “dentro”. Dalia si avvicinò al cristallo e si passò la mano sulla guancia….guardò i suoi occhi e le parvero di un altro colore….anche i capelli apparivano diversi…aveva attraversato un uragano ed era ancora infreddolita…e chissà per quanto tempo avrebbe sentito quella lama di gelo, attraversarle il cuore stranito….Era tornata da un luogo lontano….in cui le avevano strappato i pensieri….confuso i silenzi ed ammaestrato le attese…Ora… non aveva ripari per il domani in agguato…era nuda e senza nostalgie…le sue mai fredde non erano ancora pronte per consegnarsi ai ricordi e lei non aveva desideri…Dalia era ferma nella sua immota perplessità, dalla quale avrebbe dovuto uscire vittoriosa… vincendo la battaglia sul possibile di là da venire e sull’accaduto impossibile….Accettare la perversione dell’assurdo era difficile, ma…accettare ed essere consapevoli di avere riplasmato l’insania della mente altrui e averla resa una esaltante poesia, era drammatico…eppure la perplessità chiedeva di essere superata e la voragine dinanzi a lei di essere sondata….Si raddrizzò e si allontanò dallo specchio…scrollò i capelli e si avviò verso le scale per raggiungere i suoi figli nel salone…
Erano entrambi sul divano che ridevano e si davano le spinte come quando erano piccoli…Vittorio era ancora nello studio… era seduto dietro alla scrivania come se non avesse sentito sua figlia chiamare a squarciagola…quando Dalia si affacciò alla porta, la guardò senza espressione…le sembrò di vederla rimpicciolita…smagrita all’improvviso… le disse di dire ai ragazzi che stava finendo una relazione e poi li avrebbe raggiunti e chinò la testa sui fogli…Anche lui veniva da lontano… aveva attraversato luoghi deserti e tagliato il buio spinoso delle incognite con violenza, per affrontare gli spazi dei nuovi silenzi…per interrogarsi sui tramonti e per negare le aurore… Era di ritorno dal vuoto…da quella dimensione liquida in cui la ragione diventava una inutile e piccola cosa, ammucchiata in un angolo scuro dell’esistenza di dentro… al centro del mondo-uomo, l’istinto brutale si mescolava all’istinto della tutela di sé…e si confondeva con le aggressioni della bellezza e della musica e dell’armonia che si ostinavano con insistenza ad avvolgere i suoi gesti, a frenare …ad accarezzargli le mani…a ricordargli la vita di ieri…il tempo chiaro dell’alba…E ricordava la riva del mare a settembre, il rumore leggero e brulicante dell’acqua che ribolliva piano e mescolava i granchi alla rena…e poi arrivava quel giorno in cui qualcuno si intrometteva tra te e la tua storia…a lui era accaduto…qualcuno ne aveva stracciato via di netto la rilegatura, consumato la prefazione nell’ansia e nel sudore e sparso intorno i capitoli preziosi diventati cristalli acuminati, che si conficcavano nel ventre, nella gola nello sguardo di sguardo di dentro…accecando i silenzi e le risalite… Sandro Deledda era povero dentro…ma lo spessore del suo nulla aveva schiacciato la vita di Dalia e la sua…Vittorio aveva vegliato ore ed ore con il pensiero vigile alle figure intraviste…agli incontri…aveva analizzato il tempo, i silenzi, i messaggi, gli atteggiamenti e le ansie…aveva rivissuto persino la visione del sudore che appiccicava la camicia di Sandro alla sua pelle… i suoi gesti frenetici, le sue contraddizioni ed in fondo alla via polverosa e affollata di ombre aveva intravisto Dalia e la sua solitudine…una fusione drammatica ed indissolubile di emozioni ed inganni, di dolore e illusione…una figura avvolta dalla memoria di sé che sopravviveva nonostante tutto…Sandro era un immaturo…aveva nel suo passato esperienze incomplete e fugaci…probabili delusioni alle quali non era sopravvissuto indenne…e che avevano acuito la sua fragile costituzione sentimentale…Egoista come tutti gli immaturi, aveva limiti esistenziali che riusciva a varcare, soltanto ascoltando le sue stesse parole, recitate ad una donna…Incapace di sentimenti reali e profondi…si realizzava unicamente registrando l’attrazione che riusciva a suscitare in una donna nei suoi confronti…Consumava come un fanciullo cattivo, le altrui emozioni, senza risparmio nè rimorso… distruggeva le altrui esistenze, indifferente al fragore dei pezzi che rovinavano al suolo…Vigliacco… come tutti coloro che si rifiutano di crescere e di affrontare la verità quotidiana, ingenuamente ma imperdonabilmente perfido, come tutti gli adolescenti non educati alla vita…restii a riconoscere il mondo degli altri e la loro sensibilità… Vittorio pensava a quell’uomo e alle ruote inanimate di un carro che uccidono i germogli…alle praterie sconfinate che non saranno mai più verdi…e a Dalia…alle loro vite in bilico…
“Papà?, ma dai…stiamo aspettando te…Flora deve raccontarci una cosa straordinaria…vieni su…hai ancora da fare?”
Vittorio guardò Corrado che impaziente lo aspettava sulla porta dello studio…
“Vengo…vengo…”
E si avviò verso il salone e si accorse di sorridere…si toccò istintivamente la faccia, la bocca…sorrideva…guardava i suoi figli e sorrideva…
Floria guardò verso di lui impaziente e verso Dalia…finalmente erano tutti seduti…
“Vi ricordate vero la ricerca che dovevo fare? Adesso vi racconto tutto… Allora…dovete sapere che prima della guerra …la guerra del ‘43, l’ultima guerra insomma… qui c’erano delle villette antiche…che poi sono state risistemate diverse volte…alcune sono andate completamente distrutte a causa dei bombardamenti e ricostruite daccapo e qui…proprio qui…secondo i calcoli che ho fatto, dovrebbe essere proprio qui…abitava una famiglia molto ricca…padre, madre e due figlie…la più grande si chiamava Adria….dai documenti che ho letto…e sfogliando le vecchie tribune illustrate dell’epoca, che hanno parlato a lungo della vicenda, pare fosse bellissima…Adria sognava di diventare un grande avvocato…e dopo essersi laureata a Milano, era tornata qui ed era riuscita ad entrare come praticante nello studio di un grande avvocato di Bergamo…ma…cosa hai mamma…non ti senti bene?….”
Dalia era stravolta…la sua pelle era diventata grigia…si portò le mani al petto e sembrò stesse per svenire….Ma fece un cenno a sua figlia con la mano…come per rassicurarla..
“No no…cara vai avanti con il tuo racconto…sto bene…ho avuto un giramento di testa…non preoccuparti…è passato…continua…continua…”
Vittorio si girò appena…aveva una espressione strana…sembrava quasi indifferente…lontano…
E Flora continuò…
“Adria aveva 22 anni quando conobbe un uomo, un avvocato come lei…c’è un articolo sulla tribuna che racconta che li lo incontrò per caso…per la strada…si innamorarono subito…fu un colpo di fulmine improvviso…lui era residente di un’altra città e si trovava a Bergamo per lavoro…Si innamorarono e si fidanzarono in brevissimo tempo…la madre di Adria fu sempre ostile a questo rapporto e non si sa perché…forse istintivamente non voleva separarsi da sua figlia…forse era troppo presto…forse temeva che andasse ad abitare lontano da lei…e così fu…Adria si sposò e andò ad abitare a Trieste…I genitori di Adria rimasero qui con la figlia più piccola che faceva la maestra…Il matrimonio di Adria però durò molto poco….Adria dopo cinque anni di matrimonio d’amore…si innamorò di un medico che l’aveva curata… per undisturbo al fegato…lui era sposato ed iniziarono una storia clandestina…Sui uan numero della tribuna un giornalista racconta che Adria, un giorno che era venuta a trovare sua madre, le aveva confidato che voleva separarsi…Sua madre si disperò e le disse di stare attenta…aveva paura…insomma nessuno sapeva perché la madre di Adria nutrisse nei confronti di suo genero una strana diffidenza… Adria era cocciuta e ribelle… ed un giorno rivelò, quasi con brutalità, a suo marito che aveva intenzione di separarsi…che era innamorata di un altro….la reazione dell’uomo fu prevedibile….era innamoratissimo di quella donna ed anche se non avevano avuto figli, lui l’amava come il primo giorno e aveva riversato su lei tutto il suo potenziale sentimentale…Pregò, si disperò… pregò ancora e pianse….tentò persino di uccidersi…i giorni passavano nell’inferno…Lui non si rassegnava…tentò di avvicinare l’uomo di cui sua moglie si era innamorata ma costui sfuggiva….non accettò mai di incontrarlo ed un giorno che lui si presentò all’ospedale in cui lavorava…fu allontanato dagli infermieri che erano stati avvertiti… Si umiliò….non riusciva più a lavorare…si trascinava da una stanza all’altra implorando e gemendo…era un uomo finito…Adria non sopportava di vederlo così…e l’amore di un tempo dopo essersi trasformato in affetto e poi in comprensione forzata… adesso era diventato insofferenza…Un giorno si presentò in cucina dove suo marito stava appoggiato con la testa sul tavolo da ore e vestita di tutto punto con la valigia di lato gli disse che stava andando via…che era finita…L’uomo la guardò e ricadde sul tavolo…strinse le braccia attorno alla testa e cominciò a singhiozzare….Adria se ne andò…. Andò da sua madre a Bergamo.
Passarono i giorni senza che arrivasse alcun segno di vita da parte di suo marito e Adria sperò che si fosse rassegnato…Ma lei non era felice….sembrava che la grande passione mostrata dal suo nuovo compagno avesse iniziato ad affievolirsi appena lei gli aveva annunciato che aveva lasciato definitivamente suo marito, che aveva lasciato al sua casa e che provvisoriamente si era stabilita da sua madre. Aveva promesso di raggiungerla e non lo aveva fatto…Telefonava sempre più raramente e quando lei lo cercava in Ospedale, sovente le rispondevano che era occupato…Sapeva che non aveva lasciato sua moglie e sentiva che non lo avrebbe fatto…Sua madre non le diceva nulla ma lei sapeva che l’aveva disapprovata intimamente”.
Flora si era appassionata al racconto e scioglieva le parole con grande maestria…sembrava nata per raccontare… ed era palese che quella storia l’aveva profondamente toccata…Ogni tanto si fermava e sospirava e si guardava le mani come se stesse raccontando una storia alla quale aveva partecipato…
“Dai …non ti fermare…e poi?, su!…”
Corrado incalzava…voleva sapere come sarebbe andato a finire il racconto…
E Flora continuò, sorrise e continuò guardando prima sua madre e poi suo padre che la fissavano….Erano fermi, silenziosi, impietriti ma sembrava che si fossero seduti vicino…le sembrò che la mano di lui appoggiasse sulla spalla di lei…ma perché stavano così zitti?
“Ci sono diversi articoli sulla Tribuna sapete? …molte testimonianze… e i fatti sono raccontati proprio come avvennero….Dunque…allora…sapete?, ho letto ed ho fotocopiato la ricostruzione dell’incontro tra marito e moglie a casa della madre di Adria…l’ha scritto un giornalista della Tribuna… adesso ve lo leggo: Era un lunedì mattina, quando bussarono alla porta d’ingresso…la madre di Adria era in cucina…in casa c’erano soltanto loro due…La donna chiamò sua figlia che era nel salotto accanto e la pregò di andare a vedere chi fosse…Adria si avviò verso l’ingresso…quel giorno aveva indossato un golfino color celeste pallido…le avevano sempre detto che il celeste le donava… era un colore molto adatto a lei… Si avvicinò alla porta e la aprì…e vederlo all’improvviso le provocò quasi un malore… Suo marito era lì davanti a lei…smagrito, pallido, ma elegante come era sempre stato, sorridente come un tempo…era lì davanti a lei e aspettava che lo facesse entrare…
“Non mi fai entrare Adria?, non vorrai lasciarmi sulla porta, non è vero?”
“Certo…vieni …vieni pure avanti…”
Adria si spostò per farlo passare e si avviò verso il salotto…lui la seguì…
“Adria?, chi è?”
Sua madre era sulla porta della cucina, impietrita…guardava suo genero e sua figlia come se non li conoscesse…L’uomo andò verso di lei e stese la mano per salutarla…la donna strinse la mano del genero e lo invitò a sedersi….
“No – disse l’uomo- non ho molto tempo per fermarmi…devo affrontare un lungo viaggio anch’io…sono venuto soltanto a salutarti Adria…a dirti addio…volevo farlo con serenità…consapevole che le cose di un tempo non potranno tornare…volevo condividere con te un ultimo momento…un momento che resti nostro per l’eternità…che nessuno potrà mai sottrarci…un minuto del tempo che verrà e a conclusione del tempo che è stato…perché c’è stato un tempo in cui tu mi guardavi come se stessi bevendo il sole… e mi dicevi cose preziosamente assurde come queste…poi è arrivato l’inverno…ed ora è il momento di andare…”
Adria lo guardava spaurita…non sapeva se insistere per farlo restare o sperare che quel momento tremendo terminasse al più presto…stava ancora guardandolo, quando un fragore improvviso squassò l’aria e mille frammenti aguzzi di cristallo le esplodessero nel cuore….stava ancora pensando di chiedergli dove andasse, quando le urla di sua madre che la chiamava, le trafissero il cervello…cosa voleva da lei sua madre?…perché la chiamava se era di fronte a lei?, perché piangeva?, e urlava…e adesso dove andava?, perché correva fuori…e continuava ad urlare…Adria stava ancora chiedendosi perché sua madre piangesse così forte, quando un altro fragore attraversò il tempo e le rose bianche nel vaso tremarono…ed un peso tremendo le si accasciò addosso…lei stava scivolando piano verso la ghiaia bagnata del fiume e lui le era cascato addosso… Fausto?, Fausto?, ma dai…hai sempre voglia di scherzare….non mi spingere…l’acqua è fredda…ma guarda…mi hai fatto bagnare il golfino…Fausto?…se mi fai arrabbiare…per dispetto…non sarò mai la signora De Divitiis…”
Fine