di Pasquale Ferretti
SESSA AURUNCA – Era l’Aprile del 1971. In tutta la Nazione dominava il partito dello “scudo crociato”. Il Ministro delle Poste e Telecomunicazioni, l’Onorevole Giacinto Bosco, annunciava al Sindaco di Sessa Aurunca il dott. Antonio Consales l’aumento del mutuo concesso per la costruzione della Pretura.
“lieto comunicare che seguito mio personale interessamento, Cassa DD.PP. habet concesso at favore codesto Comune elevazione affidamento massima mutuo da lire 42 milioni a 65 milioni di lire per costruzione edificio locale Pretura”.
Con un telegramma, scritto a metà, tra l’italiano ed il latino, l’Onorevole annunciava un aumento, abbastanza considerevole per la costruzione di tale edificio. Da quel momento, si da il via alla costruzione dell’edificio che oggi si staglia – poco maestoso – in via Mozart ed ospita gli edifici del Giudice di Pace, tra l’antica chiesa di San Carlo e il Vanvitelliano Convitto Nazionale Agostino Nifo.
Il Mattino di Caserta, con un articolo datato 02 aprile 1971, parlava così della Pretura di allora: “allocata in un vecchio convento di proprietà comunale, con locali ampi che, se fossero stati convenientemente curati, potevano essere anche sufficienti. Ma essi sono in condizioni deplorevoli, anche se il comune, in tutto questo tempo, ha fatto eseguire delle piccole riparazioni.”
Passano i decenni. Si accavallano partiti, bandiere e nomi. Che sia in latino o in volgare, ma sembra che le logiche di tutela del patrimonio immobiliare comunale, a Sessa Aurunca, non mutino mai.
L’edificio di cui si parla nell’articolo, ossia l’ex Carcere, adibito a Caserma dei Carabinieri, trasformato poi in Pretura, ad oggi risulta essere nelle stesse condizioni di cinquanta anni fa. Non che sia un déjà-vu, ma l’edificio posto a Viale Trieste (Ex Via Tripoli) di fronte al Teatro Romano sembra essere rimasto immutato nel tempo, e nell’incuria. Ad onor del vero, c’è da dire che qualche ristrutturazione è stata fatta, ma risulta essere tutto vano visto la continua esposizione alle intemperie che ha ridotto a condizione pietose tutto quanto.
Il tetto è crollato, i solai danneggiati, e dalla facciata c’è un continuo movimenti di calcinacci. Al primo piano, fa bella mostra di se, un imponente albero di fico, i cui frutti marci, cadendo, “profumano” il marciapiede sottostante. Un altro albero, del medesimo frutto, si mostra in modo prepotente all’interno del primo piano. Qualcuno potrebbe intervenire allora: “Perché non sfruttare la materia prima, ossia il fico, per creare un prodotto speciale che il Comune di Sessa possa rivendere”? Giusta intuizione: Ma ovviamente, si viaggia nel sarcasmo.
Tornando alla nuova Pretura, quella sita in Via Mozart, possiamo vedere come siano stati ridotti gli sforzi democristiani dei politici di allora, visto le condizioni dello stesso. Il solaio e il tetto si mantengono discreti. Ma, a destare maggiore vergogna, sono gli ambienti sottostanti, come abbiamo potuto appurare da numerose segnalazioni che ci sono pervenute. Al piano terra ci sono interi stanzoni dove sono state ammucchiate masserizie di ogni tipo: attrezzature in disuso, scaffali vecchi, carte e cartacce di ogni tipo, scale, stufe, macchine da scrivere, sedie o attaccapanni rotti, buste contenenti chissà cosa e chi più ne ha più ne metta, o in questo caso ne getti!
Siccome, non ci si fa mancare niente in certe occasioni, guardando le foto del locale seminterrato si scoprono ulteriori indecenze.
Nelle 4 o 5 stanze che compongono questo ambiente, ci sono scaffalature ricolme di faldoni contenenti fascicoli di causa e documenti che hanno oltre centocinquant’anni di vita. Tutto ciò, lasciato a marcire nell’umidità e tra i topi che allegramente banchettano. Le finestre sono rotte ed entra acqua quando piove oltre ad animali grandi e piccoli.
Il livello maggiore di incuria, però, lo si è raggiunto con l’enorme quantità di sacconi contenenti vecchie schede elettorali e verbali di decenni di elezioni. Materiale che risale dagli anni ’70 in poi. In alcuni casi, è difficile accedere anche alle altre stanze, talmente il materiale cartaceo accumulato. Di fronte a questa macabra scoperta, lo sconforto che ci assale, è forte. È inconcepibile che documentazioni vecchie di secoli debbano costituire cibo per topi o servano a far proliferare muffe e parassiti. In questo modo si è dichiarata solennemente la fine di una testimonianza importante del nostro passato. Una immeritata “damnatio memoriae” di un patrimonio cartaceo che potrebbe raccontare la storia, politica e non solo, di una città. Invece, nello sconcerto più totale, si è deciso di far marcire tutto.
Ci chiediamo, a questo punto, a chi compete la manutenzione dell’immobile e le relative pulizie?
Il fabbricato è di proprietà comunale. Inoltre, il personale che svolge le funzioni di cancelleria del Giudice di Pace, è alle dipendenze del Comune. Sembrerebbe logico, quindi, che la responsabilità dell’immobile siano del Sindaco. Dunque, il Sindaco avv. Silvio Sasso, conosce in quali condizioni si trovano i documenti “conservati” (è eufemistico) ed i locali della ex Pretura oggi “Giudice di Pace?”. Eppure da Avvocato dovrebbe frequentare lo stabile per motivi professionali, dovrebbe ben sapere lo sfacelo che regna.
Altra notazione di merito va fatta in relazione alle condizioni di lavoro a cui sono sottoposti i dipendenti. Infatti, lo stato di sporcizia elevato che contraddistingue alcuni locali fa si che vi sia un rischio infezione per i topi che liberamente nidificano nelle “segrete del palazzo”. L’accumulo indiscriminato di tonnellate di carta, oltre a costituire un ideale habitat per animali infestanti e portatori di malattie, costituisce un elevato rischio incendio. A tal proposito si dovrebbe verificare cosa prevede il documento di valutazione dei rischi (se esiste), in merito alla legge sulla sicurezza sul lavoro 81/2008. Per certo, sappiamo che l’unico estintore a servizio del piano è stato revisionato il 02 maggio 2008: ci hanno spiegato che la revisione deve essere a cadenza semestrale.
È evidente che ci troviamo di fronte al solito caso di incapacità gestionale amministrativa di una classe politica allegra e poco attenta ai bisogni reali del territorio. A questo dato reale, va sommata l’incoscienza dei tecnici comunali e della sicurezza che dovrebbero sovrintendere la gestione del patrimonio comunale e la sicurezza dei lavoratori.
In questo momento, l’allora Sindaco Franchino Ianniello che volle il progetto, il ministro Bosco che ci mise i soldi ed il Sindaco Consales che completò l’opera, dall’alto delle loro celesti dimore staranno augurando il “meglio” agli attuali amministratori. Ma se l’andazzo è questo, possono star certi che non resterà alcuna traccia di loro nella storia della città.