di Andrea Zippa
Una fredda mattina autunnale, quella del 26 ottobre 1860, vede svolgersi uno degli eventi più emblematici della storia italiana qual è l’incontro di Teano; esso, in seguito mitizzato dalla storiografia risorgimentale e celebrato come l’atto con cui il Sud Italia fu liberato dal dominio borbonico, in realtà non fu altro che un coup de theatre, studiato ad arte dai Savoia, che segnò la fine dello splendore per quello che era allora il Regno delle Due Sicilie e l’inizio di quella decadenza da cui purtroppo il Meridione non è ancora riuscito a risollevarsi. Una storia plurisecolare di grandezza e cultura, di genialità e innovazione in ogni campo (basti pensare, tra l’altro, che lo Stato borbonico conobbe l’apertura nel 1839 della prima linea ferroviaria italiana che poneva in collegamento Napoli con Portici nonché del primo esempio di ponte sospeso a catenaria in ferro costruito in Italia e più in generale nell’Europa Continentale, ossia il Ponte Real Ferdinando sul Garigliano) spazzata via in pochi secondi con un colpo di spugna, una semplice stretta di mano tra il generale Giuseppe Garibaldi e il Re Vittorio Emanuele II nelle campagne di Teano. L’episodio è noto: l’Eroe dei Due Mondi, con la testa coperta e un fazzoletto colorato al collo assiste al passaggio delle truppe piemontesi quando improvvisamente si ode la marcia reale e il grido “Viene il re!”; Garibaldi avanza a cavallo fino a raggiungere Vittorio Emanuele: alla sua vista il generale si scopre il capo e urla “Saluto il primo Re d’Italia!” stringendogli poi la mano. A questo punto i garibaldini e i piemontesi percorrono un tratto di strada insieme fino a separarsi con Garibaldi diretto verso Calvi e il re che proseguirà per Teano. In realtà vi sono delle precise motivazioni, squisitamente politiche, che portarono all’incontro in questa località: Garibaldi già dall’estate aveva cominciato la conquista del Regno Borbonico e aveva intenzione di arrivare dalla Sicilia fino a Roma; Vittorio Emanuele, preoccupato dalle intenzioni del generale e temendo che la presa di Roma avrebbe potuto provocare l’intervento del monarca francese Napoleone III, difensore del pontefice (all’epoca Pio IX), dopo aver strappato allo Stato della Chiesa Marche e Umbria, si diresse verso sud, intercettando il condottiero nelle campagne di Teano. Dopo aver rimesso al re l’autorità sul Meridione, Garibaldi ottenne la promessa che i suoi soldati fossero inglobati nell’esercito regolare sardo con lo stesso grado ricoperto nella spedizione appena conclusa (promessa che comunque non fu mantenuta) per poi ritirarsi a Caprera “e seco porta un sacco di semente” come scrisse D’Annunzio nel componimento “Le Notti di Caprera”: questa è la versione ufficiale laddove in realtà il re sabaudo agì volutamente in questo modo per operare una completa eliminazione del generale che avrebbe potuto ostacolare il suo disegno politico. Ancora oggi è aperta una disputa sul luogo che fu effettivamente sede dell’incontro: infatti tradizionalmente esso è localizzato nella città di Teano presso l’odierno Ponte San Nicola laddove alcuni documenti riportano che la stretta di mano avvenne a Vairano Scalo, frazione del comune di Vairano Patenora, presso la Taverna Catena, motivando la scelta della menzione di Teano in virtù del maggiore prestigio di cui godeva quest’abitato. La questione fu complicata ancor più dall’inserimento nella disputa di Caiazzo: nel 1980 infatti uno storico dell’Università di Padova, Letterio Briguglio, appellandosi alla testimonianza del generale Menabrea, capo dello Stato Maggiore dell’Esercito Sabaudo, sostenne che l’incontro sarebbe avvenuto a Caiazzo presso una vecchia taverna in località Monte Croce. In ogni caso sono oggi attualmente visibili delle installazioni per ricordare l’evento nelle suddette località (eccezion fatta per Caiazzo, dove, nel cimitero comunale, è solo presente la tomba di un garibaldino caiatino): a Vairano è stato apposto un cippo con lapidi commemorative e celebrative in prossimità della Taverna Catena; a Teano è invece visibile una colonna recintata con un’edicola che custodisce un cimelio mentre nel centro cittadino è collocato un monumento celebrativo dell’incontro con i due protagonisti affiancati a cavallo: in realtà tale scultura è di fattura rozza e con le figure che appaiono molto tozze e poco curate mentre un pregevole monumento che ricorda tale evento è posto a Fiesole (FI), una scultura bronzea e molto più maestosa dell’esemplare collocato a Teano. La spiegazione di tale situazione è molto più semplice di quanto possa sembrare: questo monumento infatti fu commissionato allo scultore Oreste Calzolari dalla città di Teano ma il costo finale dell’opera risultò esorbitante e il comune dovette rinunciarvi in favore di un monumento meno pregiato e più economico; in seguito a Fiesole fu creato un comitato per permettere la raccolta della cifra necessaria all’acquisto della statua che fu dunque qui collocata e inaugurata solennemente nel settembre 1906. Un incontro celebrato con commemorazioni e monumenti, mitizzato e glorificato dalla storiografia tradizionale quello avvenuto 158 anni or sono che in realtà cela tutt’altro che un intento di libertà: è infatti storicamente provato che Vittorio Emanuele II provvide immediatamente a svuotare le ricche casse borboniche per rimpinguare le finanze di Casa Savoia e finanziare i progetti industriali nel Nord Italia, a scapito del Mezzogiorno che fu abbandonato al suo destino: ciò causò un aumento della povertà e del brigantaggio, fenomeni che hanno afflitto e ancora oggi affliggono i territori meridionali, e l’inizio di secoli bui per Napoli che si vide completamente prostrata e ignorata, perdendo per lungo tempo anche quel ruolo di capitale culturale europea, che solo a partire dal secolo scorso ha cominciato a ritrovare. Quando si legge nei libri di storia di “questione meridionale” è opportuno dunque comprendere come essa sia stata voluta esplicitamente dal governo sabaudo e non farsi ingannare da una visione celebrativa dell’Unità Nazionale: dietro il falso mito dell’ideale libertario promosso dal Regno di Sardegna e sposato tuttora dalla stragrande maggioranza della popolazione, infatti, si nasconde un chiaro progetto politico ed economico di Casa Savoia che ha causato una separazione netta interna al nostro Paese, ancora non totalmente superata al giorno d’oggi; tali intenzioni non possono non sfuggire a chi si dedichi ad una lucida analisi di questi eventi, attenendosi ai fatti storici e liberandoli da successive costruzioni propagandistiche e d’apparenza.