ROMA – Il deputato del Movimento 5 Stelle Antonio Del Monaco interviene alla Camera per ricordare il vile attentato di 36 anni fa al generale Dalla Chiesa.
« Qui è morta la speranza dei palermitani onesti» (Scritta apparsa sul luogo della strage all’indomani dell’omicidio di Carlo Alberto dalla Chiesa) – si legge nella nota del parlamentare pentastellato. – “Carlo Alberto dalla Chiesa (Saluzzo, 27 settembre 1920 – Palermo, 3 settembre 1982) Figlio di un generale dei Carabinieri, Dopo la guerra combatté il banditismo prima in Campania e quindi in Sicilia; dopo vari periodi a Firenze, Como, Roma e Milano, tra il 1966 e il 1973 fu nuovamente in Sicilia dove, con il grado di colonnello, comandante della Legione Carabinieri di Palermo, indagò su Cosa Nostra. Divenuto generale di brigata a Torino dal 1973 al 1977, fu protagonista della lotta contro le Brigate Rosse; fu lui a fondare il Nucleo Speciale Antiterrorismo, “il nucleo speciale di polizia giudiziaria”, attivo tra il 1974 e il 1976. Promosso generale di divisione, fu nominato nel 1978 Coordinatore delle Forze di Polizia e degli Agenti Informativi per la lotta contro il terrorismo, con poteri speciali. Dal 1979 al 1981 comandò la Divisione Pastrengo a Milano; tra il 1981 e il 1982 fu vicecomandante generale dell’Arma. Nel 1982 il governo lo nominò prefetto di Palermo con l’intento di ottenere contro Cosa nostra gli stessi brillanti risultati ottenuti nella lotta al terrorismo. Fu ucciso a Palermo pochi mesi dopo il suo insediamento in un attentato mafioso dove perirono anche la moglie e l’agente di scorta Domenico Russo.
Dalla Chiesa inizialmente si dimostrò perplesso su tale nomina, ma poi venne convinto dal ministro Virginio Rognoni, che gli promise poteri fuori dall’ordinario per contrastare la guerra tra le cosche, che insanguinava l’isola.
A Palermo, dove arrivò ufficialmente nel maggio del 1982, lamentò più volte il mancato rispetto degli impegni assunti dal governo e la carenza di sostegno da parte dello Stato. Riguardo a Cosa Nostra ebbe a dire:
« La mafia è cauta, lenta, ti misura, ti ascolta, ti verifica alla lontana. »
Esprimendo la sua disapprovazione per il fatto che i promessi “poteri speciali” tardavano ad arrivare e in realtà lo Stato non glieli concesse mai. Nel luglio del 1982 dalla Chiesa dispose che fosse trasmesso alla Procura di Palermo il cosiddetto rapporto dei 162. Tale rapporto, steso congiuntamente da polizia e carabinieri, ricostruiva l’organigramma delle famiglie mafiose palermitane attraverso scrupolose indagini e riscontri.
Nell’agosto del 1982 il generale rilasciò un’intervista a Giorgio Bocca, in cui dichiarò ancora una volta la carenza di sostegno e di mezzi, necessari per la lotta alla mafia, A fine agosto, con una telefonata anonima fatta ai carabinieri di Palermo probabilmente dal boss Filippo Marchese, venne annunciato per la prima volta l’attentato al generale.
Il 5 settembre al quotidiano La Sicilia arrivò un’altra telefonata anonima, che annunciò: «L’operazione Carlo Alberto è conclusa»
Per i tre omicidi sono stati condannati all’ergastolo come mandanti i vertici di Cosa Nostra, ossia i boss Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco, Pippo Calò, Bernardo Brusca e Nenè Geraci.
Il 4 aprile 2017 Il Fatto Quotidiano riporta la rivelazione del collaboratore di giustizia Gioacchino Pennino secondo cui Francesco Cosentino, vicino all’onorevole Giulio Andreotti, sarebbe il mandante dell’omicidio del prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa. Tale notizia risale all’audizione in commissione antimafia del Procuratore Generale di Palermo Roberto Scarpinato.
L’assassinio Dalla Chiesa dopo l’assassinio Moro è certamente il delitto più grave della storia della Repubblica.
La sera dell’assassinio di Dalla Chiesa, qualcuno fu mandato a casa del prefetto per cercare dei lenzuoli per coprire dei cadaveri, ma sembrerebbe che questa persona ne approfittò per aprire la cassaforte e sottrarre il contenuto, consistente in documenti sensibili, tra cui anche un dossier sul caso Moro.
Secondo il collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta, Pecorelli e dalla Chiesa erano a conoscenza di segreti sul sequestro Moro che infastidivano Andreotti; Buscetta inoltre affermò che il boss Gaetano Badalamenti gli disse:
« Dalla Chiesa lo hanno mandato a Palermo per sbarazzarsi di lui. Non aveva fatto ancora niente in Sicilia che potesse giustificare questo grande odio contro di lui.»
Dalla Chiesa era solo. Parlava come una persona consapevole ormai della propria solitudine. Dalla Chiesa si sentiva di essere lo Stato, di rappresentarlo, di servirlo. In questo, proprio come Falcone. Ma c’era il piccolo particolare che lo Stato, quello autentico, quello che lo aveva spedito in Sicilia a tamburo battente, quando la temperatura criminale si era eccessivamente surriscaldata, in cuor suo lo voleva morto.
A 36 anni dall’attentato – termina l’onorevole Del Monaco – voglio ricordare Il generale Dalla Chiesa con l’espressione chiara del figlio Nando: “QUEL GIORNO LA MAFIA NON UCCISE DA SOLA”