E’ MORTO MIO ZIO…MA PER FACEBOOK E’ SOLO PARTITO

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PEPPE ROCK 150x150 E MORTO MIO ZIO...MA PER FACEBOOK E SOLO PARTITOCos’è la morte nella società moderna? Sociologicamente, secondo i famosi studi dello storico Philippe Ariès, per esempio, la morte è il più grande tabù occidentale. Per questo, nonostante tutte le conoscenze scientifiche, le persone preferiscono pensare ancora che uno vada “in cielo”, come fossimo nel Medioevo, sebbene quel cielo sia solo un’invenzione consolatoria e si spera di avere un’anima immortale, come se potesse esistere qualcosa di vivo senza corpo, senza metabolismo, senza DNA, pregando un’entità a mio avviso inconcepibile chiamata “Dio” o almeno qualche Ufo qua e là, qualche speranza volante per sottrarre al nostro destino l’ineluttabilità della seconda legge della termodinamica e all’idea di una fine!
Tuttavia Ariès non aveva previsto i social network come Facebook.

Appena morto mio zio, notizia appresa prima dai becchini di Facebook poi dai familiari, mi sono appunto ricordato che usava molto Facebook, ovviamente eravamo anche “amici virtuali” e quindi sono corso sul suo profilo chiedendomi: sarà chiusa, sarà aperta, sarà in lutto?

Toccare un morto può essere terribile, soprattutto dove c’è affetto e umano sentimento ma entrare nella pagina Facebook di un morto appena morto è anche peggio perché non è terribile per niente, entri come se niente fosse e leggi le cose più ipocrite e false, magari anche da chi ti odiava da vivo.

Mio zio è ancora tra i miei amici, e ne ha per l’esattezza 3548, di cui 49 in comune, di cui non so a questo punto se tutti vivi, eppure non sembra
successo niente. È la tragedia della rimozione della tragedia, come già denunciava Friedrich Nietzsche, ciò che rende impossibile perfino il dionisiaco.

Ecco perché la pagina di mio zio è ancora lì, al suo posto, con la sua bella foto, non so se l’abbia lasciata aperta apposta o se non abbia fatto in tempo a disattivarla, come è più probabile conoscendo il tipo che era, e di primo acchito sono stato pure tentato di lasciarci sopra le mie tristi condoglianze, ma le condoglianze a chi? 

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Essendo il proprio account una protesi di se stessi, una propria emanazione virtuale, un diario vivente dentro cui puoi fare molte cose oltre che a chattare, come posso fare le condoglianze a mio zio per la sua stessa morte? 

Come spiegare che a mio zio non sarebbero mai piaciuti tutti questi inutili commenti?
Non è come scrivere un necrologio su un giornale, Facebook è un’altra cosa. Per trovare la soluzione mi sono messo a leggere i messaggi degli altri, i suoi amici virtuali, e scopro che zio mio non è morto! Neppure «se ne è andato», altra formula della rimozione collettiva per non dire che si è morti.
Va molto di moda il concetto del viaggio. Comincia la bacheca un certo Roberto che scrive «Ciao, buon viaggio», due righe più sotto anche Pino «buon viaggio, e porta con te il sorriso», Marco «Buon viaggio», Marta «Fai buon viaggio e pensaci», Luigi «Buon ritorno» (dove?), Sara «Buon viaggio, e proteggi tutti noi da lì», (dove?), Antonio «Ciao, grazie della tua arguzia, della tua intelligenza, buon viaggio», Sabrina «buon viaggio e ovunque andrai», Paolo «Ciao, buon viaggio», eccetera eccetera. I «buon viaggio» non si contano.
Se non avessi saputo della sua morte avrei pensato che zio era semplicemente andato in ferie.
La morte degli altri esorcizza sempre la propria, si sa, e Facebook è una
macchina perfetta, e se sei davanti al computer o con uno smartphone a scrivere «buon viaggio» sull’account di un altro significa che tu sei vivo e l’altro pure, non è successo niente. Tutto sommato, anzi tutto sottratto, la morte su Facebook non esiste, non può esistere: se per rompere davvero un’amicizia o un amore bisogna eliminarsi su Facebook, come si può morire davvero se continua a esistere il proprio account? Per paradosso si può morire da vivi disattivandoci anzitempo ma si può sopravvivere da morti non
chiudendo l’account.
Essere o non essere, Facebook o non Facebook, la triste verità è che della morte degli altri che non siano strettamente le persone care non frega un cazzo a nessuno. La morte è una notizia e una mestizia fugace. «Lo sai chi è morto?». «Ma noooo, mi dispiace». Il dispiacere dura un giorno e non potrebbe essere altrimenti. In ogni caso, non avendo la possibilità o il coraggio di scriversi il proprio necrologio, come fece Indro Montanelli, ognuno faccia quello che può, e tenete presente che il più geniale resta Marcel Duchamp, sulla cui tomba si legge che: «D’altronde sono sempre gli altri a morire», altro dagli stupidi “RIP” che vi posso assicurare, mio zio non ne sarebbe affatto felice. È morto molto arrabbiato proprio per via della morte che sarebbe giunta.
Infine, una domanda, visto che
siamo in Estate: se la metafora del viaggio la si usa per la morte, cosa dite quando uno parte per le vacanze, per evitare di augurare la morte ? Per questo che non dico mai quando parto su Facebook? Perché nella mia protesi virtuale ossia il mio profilo Facebook da vivo, nessuno può augurarmi niente, neppure la vita che non sempre mi va di vivere, figuriamoci la morte.

1 commento

  1. Buon viaggio, che sia bello che sia brutto tanto sono sempre gli altri a morire… Sei bravissimo! Mi spiace per tuo zio…

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