IL COLORE DISTRAE, GIOVANNI IZZO RACCONTA “GLI SGUARDI ALTRI”

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Articolo e foto di Dalia Coronato

C’è chi lo chiama “journalist con macchina nera”, chi “maestro”, chi “artista”, ma lui preferisce essere chiamato semplicemente Giovanni. Giovanni Izzo, un pittore divenuto fotografo “per caso” ha ricordato,“dopo aver frequentato l’accademia delle belle arti,  fu l’incontro con la fotografia professionale di Mimmo Iodice, di cui sono stato prima allievo, ha farmi decidere che avrei continuato a seguirne il prezioso insegnamento ben oltre la durata del corso”.

Abbiamo incontrato Giovanni Izzo sabato 16 dicembre al Castello Ducale di Sant’Agata dei Goti, durante la presentazione della sua mostraSguardi Altri”visibile fino al 27 gennaio a cura di Luca Palermo, con la collaborazione di Archeoclub e Black Tarantella.

Giovanni fotografa altri” ha così esordito il curatore, “nelle sue opere è lo sguardo degli altri che viene osservato ed è il desiderio di provare ad unire culture diverse ciò che si vuole tramandare”.  Ogni sala è stata dedicata ad un tassello della ricerca condotta dal fotografo campano che dura da più di trent’anni. Settanta fotografie sono state selezionate e validamente disposte all’interno del castello al fine di raccontare la spaventosa realtà degli immigrati giunti a Castel Volturno ed introdotti dalla mafia nigeriana in giri di droga e prostituzione.

Sono circa venticinquemila gli stranieri che cercano di sopravvivere sulla Domiziana”, ha continuato il fotografo tra le stanze del palazzo ducale, dove le immagini esibite ritraggono gli africani immortalati con le loro storie.

L’artista ci ha raccontato di un trans che si è lasciata fotografare mentre era seduta sul muretto della strada. La singolare timidezza che traspariva dallo sguardo rappresentato in una fotografia, si perdeva sul viso nascosto tra i capelli della donna transessuale, che introversa attendeva sul marciapiede e restava immobile come se aspettasse alla fermata di un autobus.

Nella stessa stanza una giovane prostituta è stata inquadrata riportando ai nostri occhi solo le mani, un dettaglio che descriveva molto, forse tutto. Restano da sempre le parti del corpo più segnate e mentre le stringeva, contorceva le dita come se volessero trattenere la forza che desiderava essere sprigionata fuori, l’energia che la renderebbe una persona libera.

Sono stati ripresi attraverso delicate immagini, le vite di quei stessi immigrati che si vedono in televisione, quei africani che hanno intrapreso faticosi viaggi e solo dopo torture, abusi e devastazioni, sono sbarcati in Italia per venire dimenticati da tutti, ma non dalla mafia nigeriana che li ha accolti con inganno e li ha resi schiavi.

Magia nera, riti voodoo, prostituzione sono stati pezzi unici di un intreccio che continua a legare le giovani e disperate donne ritratte ad una terra deturpata e contaminata. Lo ha spiegato bene la video-installazione La Domitiana (esposta anche alla University of Bath in Inghilterra), composto da cinque clip che hanno rivelato, attraverso riprese fotografiche ciò che il talento artistico di Giovanni è riuscito a raccogliere dal mito al fallimento, riprendendo dalla bellezza degli scavi archeologici di Cuma ai disastri ambientali di una terra avvelenata, dall’abusivismo del villaggio Coppola, passando all’asservimento e all’oppressione degli immigrati costretti a vendersi e ad essere sedotti dalle loro stesse tradizioni, attraverso riti di iniziazione e cerimoniali africani dove promettono ubbidienza e subordinazione.

La fotografia umana dell’autore di queste opere uniche ha cercato di catturare direttamente lo spettatore e ci è riuscita, non solo grazie all’uso rigoroso del bianco e nero che ha trasmesso sin da subito l’essenza del racconto mostrato dall’istantanea, ma è stata sopratutto la sensibilità del modus operandi del fotografo che ha voluto far conoscere ciò che si nascondeva dietro a quei sguardi. Gli stessi, si protraggono riflettendosi nell’occhio dell’osservatore e riuscendo a penetrarlo senza l’intenzione di far suscitare compassione, ma piuttosto il proposito di lasciare un messaggio di speranza.

Le ragazze ostentatrici di bellezza e sconforto, i volti gentili delle madri presenti per i loro piccoli, i ritratti sorridenti dei giovani di colore sono stati tasselli importanti della poesia fotografica di Izzo, ricca di percepibili contenuti. La composizione creata dall’artista restituisce la tenerezza di una terra e di un’umanità che ha tutte le premesse per essere rivendicata.