Non avevamo certo bisogno dell’ennesima statistica pubblicata dal Sole 24 Ore per avere contezza della condizione indicibile ed umiliante in cui ci troviamo, non da oggi, ma da tempo immemore. Una condizione di perenne cagionevolezza psicologica (somatizzazione) vissuta sulla pelle di quanti, e sono molti, cresciuti e formati con l’educazione alla dignità, al vivere civile, alla sensibilità culturale.
Un saggio locale, un giorno, all’esclamazione del giovane che aveva notato un “parvenu” del posto alla guida di una berlina nuova fiammante, dopo essere stato lungamente sollecitato a guardare quel “ben di Dio”, rispose laconicamente al giovane: “…quello è solo un illuso, può avere anche la berlina d’oro ma non si accorge che cammina in mezzo alla mmunnezza…”. Il giovane, dopo aver pestato l’ennesimo escremento di cane e dopo aver riflettuto sulle parole del saggio, capì la lezione e, forse, il vero senso di un vivere dignitoso. Qui viviamo solo di mere illusioni, di pochezza civica, di affanni quotidiani, di senso di inadeguatezza, di senso di vergogna. E non accettiamo ipocrite reazioni di difese campanilistiche. Vorrebbe dire negare la realtà. O, forse, non conoscere cos’è la dignità? Il decoro? Il senso di pulizia e funzionalità delle cose? La difesa ipocrita ad oltranza di questo stato delle cose, non fa che alimentare le annuali statistiche da n. doppio zero (come la farina)! Le colpe, sono anche nostre, soprattutto quando ci beiamo e ci strusciamo ai nostri indegni rappresentanti, dirigenti, manager (?), presidenti, comandanti, funzionari, tuttologi del nulla. “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei” (La Bibbia).
Veniamo ai nostri “parvenus”, insomma, che quotidianamente abusano dell’intelligenza, della dignità, dell’atavica pazienza/arrendevolezza dei cittadini. Forse solo allora riusciremo a dare un “plausibile” senso costruttivo alle abominevoli statistiche. Secondo la definizione per antonomasia, il “parvenu” è quella persona di umili origini che si è arricchita rapidamente, ma conserva ancora mentalità e abitudini del ceto di provenienza. Una persona che si è elevata rapidamente a una condizione economica e sociale superiore, senza avere tuttavia acquistato le maniere, lo stile, la cultura che converrebbero al nuovo stato. “La declamazione dell’autenticità individuale diventa una posa da parvenus quando si parla contro la massa dimenticando di farne parte (Claudio Magris); si vede subito dai modi che sono dei parvenus”. Caratteristica di tale categoria è
l’ostentazione del nuovo status attraverso consumi orientati alla “vistosità” e alla visibilità sociale, anche attraverso l’emulazione dei costumi delle classi elevate di più antica esistenza. Secondo Thorstein Veblen, questa deriva consumistica, che porta a desiderare in misura più intensa i beni più costosi, è tipica, in particolare, di quelli che vivono di speculazione, senza produrre beni e lucrando sul lavoro di altri. Non è forse così? “Senza avere tuttavia acquistato le maniere, lo stile, la cultura che converrebbero al nuovo stato. Indi per cui, il “parvenu”, così privo di maniere, di
stile, di cultura, di dignità, non avendone coscienza, percezione e conoscenza, non potrà mai contemplare nel proprio quotidiano il senso di decoro, di pulizia, di organizzazione, di servizio. Non potrà mai decodificare il bello, l’armonioso, il funzionale, il senso civico, insomma. Di conseguenza, non si circonderà mai di persone dotate di competenza, di maniere, di stile, di cultura, di dignità. Queste persone gli farebbero ombra, evidenzierebbero come uno specchio i suoi limiti, sarebbero scomode. Perciò, da tempo immemore, si perpetua, così all’infinito (ruota senza fine) un meccanismo perverso alimentato esclusivamente dall’ignora(anza)re. Da qui, una sanità becera, approssimata, rabberciata alla bella e meglio, dove il paziente diventa esclusivamente il prodotto attraverso il quale fare mercimonio per scalate politico-clientelari o “manageriali”. La sicurezza e l’ordine pubblico, il controllo del territorio anche attraverso una seria organizzazione e
pianificazione dello stesso, come li viviamo, non potranno mai essere volano di sviluppo o di investimenti produttivi. E, da qui, l’incentivo/non incentivo all’occupazione giovanile. “…C’è poi un’insolente inerzia istituzionale, con una qualità bassissima della classe dirigente…bisogna puntare tutto sulle agenzie formative. Bisogna formare e pretendere dei leader veri, capaci e rigorosi” (sociologo Domenico De Masi da un’intervista di Nadia Verdile). E chi lo farà, caro De Masi, se la classe “dirigente”, non dotata di tali consapevolezze, non è in grado nemmeno di avvedersene? Ruota senza fine! Tutto ciò potrà mai cambiare se la nostra sanità, il nostro territorio saranno sempre amministrati dai “nostri parvenus”? Attendiamo con atavica pazienza le future statistiche. “Dove comanda la mafia i posti nelle istituzioni vengono tendenzialmente affidati a dei cretini” – Giovanni Falcone.