L’ INTERVISTA DI APPIA POLIS – LA SCRITTRICE ELVETICA SINA MERINO SI RACCONTA

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L’ INTERVISTA DI APPIA POLIS A SINA MERINO, LA SCRITTRIVE ITALO-SVIZZERA SI RACCONTA

Intervista a cura di Francesco Capo                          Fotografia a cura di Gianfranco Carozza

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La scrittrice Sina Merino

Sei nata in Svizzera da genitori Campani e parte della tua famiglia è immigrata in Argentina per lavoro quanto questa miscellanea di culture, nazioni anche molto diverse ha influito sulla tua vita personale e professionale?

 

I miei genitori emigrarono nel 1963 in Svizzera, sempre con l’obiettivo di accumulare dei risparmi per potersi acquistare del terreno, costruire una casa e poi ritornarci prima che i figli iniziassero la scuola, infatti frequentai per due anni l’elementare in un istituto di monache a Como. Ma nel frattempo i miei ci avevano ripensato e le mie radici sbocciarono in Svizzera. Io appartengo alla seconda generazione degli emigranti: noi italiani, gli spagnoli e anche i turchi dovevamo lottare contro i pregiudizi degli svizzeri.

Si sentivano insicuri, non conoscendo la nostra cultura. Noi “secondini” eravamo consapevoli di possedere due competenze culturali, quella svizzera che imparammo a scuola e nella vita quotidiana e quella italiana che non rinnegavamo. Infatti gli italiani si organizzarono in diverse associazioni, per coltivare le loro tradizioni e fondarono una vera e propria colonia italiana. Poi con gli anni e i miei studi, capii il senso della globalizzazione: la gente emigra da sempre per vari motivi e l’emigrazione ha diverse facce. Nella nostra famiglia si emigrava nella speranza di una vita migliore, sopratutto per i figli, perché nel Mezzogiorno si pativa di povertà e disoccupazione. I nostri genitori spesso lavoravano in una fabbrica e facevano sacrifici, affinché noi figli imparassimo un mestiere o studiassimo.

Tutto questo mi spinse ad aderire al gruppo d’interesse IG Secondas nel 2005, lottammo per una naturalizzazione facilitata per i secondini. Ci vollero piu’ di dieci anni, finché il sovrano svizzero disse di si’ alle elezioni nel 2016 e la legge entrerà in vigore nel 2018.

Sono sempre stata interessata e curiosa alle varie culture, incontrare gent

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Foto di Gianfranco Carozza

e e ascoltare le loro storie.

Poi per l’Argentina nutro un legame speciale: mia zia e la sua famiglia vivono là e ho visitato il Paese cinque volte in Argentina. Già da piccola sentivo sempre parlare della zia d’America, ma non sapevo dove fosse l’America. Mia zia spesso veniva per le vacanze in Svizzera e in Italia e io le dissi: “quando sarò grande ti verrò a trovare in America”.

Come è nata l’idea del tuo libro “La cartiera”, cosa racconti e quale messaggio ed emozione vorresti che arrivasse al lettore?

Ho voluto sempre capire lo sfondo, il  motivo per il quale i miei e i miei parenti hanno lasciato l’Italia, un paese così bello, per me  il più bello del terra. Lasciare gli affetti e la terra amata dev’essere una decisione dolorosa. Mi colpì molto la motivazione di mia zia a Buenos Aires, lei stava  lontano dalla sua patria e da tutti noi e, inoltre, non era facile per lei viaggiare a causa della dittatura in Argentina negli anni 70.

Un giorno, bevendo una tazza di caffè con mia zia, mi raccontò della sua vita spensierata nelle campagne caposelesi e della sua speranza poi di guadagnare un po’ di soldi in Svizzera per poi emigrare in l’Argentina.

La Cartiera è la storia di mia zia, emotivamente tocca alte corde e il mio messaggio è quello di ascoltare la propria voce interiore e non di assecondare le aspettative che t’impone la società.

 

 L’immigrazione è un tema al centro del dibattito politico. Indubbiamente costituisce un tema molto delicato ed uno dei principali problemi che gli Stati devono governare. Molti Stati, non solo l’America di Trump, stanno chiudendo le frontiere per contrastare il fenomeno. Cosa ne pensi? Come dovrebbero governare gli Stati il fenomeno?

Seguo attentamente i problemi dei migranti, non solo in Italia, ma anche in Svizzera. Sono una osservatrice e in quanto tale scendo in  campo. Non ho grandi esperienze politiche, quindi posso dare solo un mio punto di vista. Generalmente direi di non giudicare, ma aiutare  questa gente in fuga, specialmente i più vulnerabili che sono i bimbi e gli anziani. Di certo posso dire che l’Italia inizialmente è stata “abbandonata” dagli altri Stati europei: per un’isola piccola come Lampedusa il problema è davvero insopportabile. L’Italia non può chiudere nessuna frontiera: ci sono 7500 km di spiaggia per approdare!

Se c’è da governare il fenomeno, si deve fare sul luogo stesso, non farli partire, informarli che non sarà facile per loro, né in Italia, né negli altri paesi europei. Lasciano un inferno per trovarne poi un altro. Si dovrebbe rivedere la procedura d’asilo nei centri d’accoglienza, in tanti vogliono continuare il viaggio per raggiungere i paesi del Nord. Mi stupisce che molti non vogliono più venire in Svizzera, che non è più la meta preferita!

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Foto di Gianfranco Carozza

Durante le mie vacanze in Italia, ho ascoltato diverse persone che mi hanno riferito di una cosa: i migranti vengano aiutati monetariamente mentre gli italiani vengono dimenticati.

Non sono riuscita in tempo a capire il sistema governativo, non ho avuto l’occasione d’incontrare dei responsabili per scambiare opinioni. Vorrei però sottolineare il modello di Riace, gestito dal sindaco Domenico Lucano, che mi pare molto esemplare: dare dei lavoretti ai migranti e pagarli con dei buoni che devono riscattare con i loro acquisti nello stesso paese, quindi i migranti restituiscono al paese il loro contributo economico.

 Quali differenze principali riscontri tra Italia e Svizzera?

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Foto di Gianfranco Carozza

Ammetto: quando torno in Italia, mi capita di fare subito dei paragoni tra entrambi i paesi. Ma li faccio perché vedo che l’Italia ha delle potenzialità che non sono sfruttate al massimo e questo mi fa proprio male.

Vivo in un paese dove l’innovazione è al primo posto, tutto è organizzato per bene, forse anche un po’ troppo cronometrato: siamo sempre di fretta, pieni di appuntamenti. Godiamo però di un alto livello di qualità della vita: la Svizzera infatti è una delle nazioni più vivibili al mondo.

Anche in Italia di certo si vive molto bene, solo che niente funziona e tutto va in un certo modo. Questo  mi strappa poi anche un sorriso e mi rendo conto che quando sono in Italia devo calare la marcia.

Direi che il sistema scolastico in Italia è invecchiato! Fino ad oggi lo Stato non è riuscito ad inserire un modello di tirocinio dopo le scuole medie. Chi non vuole continuare gli studi, deve avere almeno la possibilità d’imparare un mestiere con un certificato d’attestazione. Mi viene rabbia, quando leggo delle inserzioni dove si cerca personale giovane con esperienza. I giovani non hanno tante possibilità, ciò spiega anche la disoccupazione e la fuga dei giovani all’estero. Anche sul lato dell’innovazione o della tecnologia, ho l’impressione che l’Italia cammini con il freno a mano tirato. L’Italia dovrebbe essere la numero uno al mondo in tutti settori!

 

 

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