OLTRE LA “BANALITÀ DEL MALE”

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di Alfredo Grado*

Se nella età contemporanea la Arendt ci ha dimostrato che è possibile ribaltare la morale ed i suoi valori grazie alla incapacità di pensare tipica di certi uomini, chissà cosa direbbe dell’era moderna. Quando cioè, al ribaltamento valoriale di cui sopra è stata contrapposta l’esaltazione, l’amplificazione o, per dirla in altri termini, la sublimazione di certi modelli di vita quotidiana. E chissà cosa direbbe se vedesse tali pratiche indotte da quel previsionismo accanito, tipico delle forme televisive, definite tv del dolore o tv-verità.

Al lettore non sfuggirà il riferimento alla seconda serie della fiction televisiva «Sotto copertura», in cui Alessandro Preziosi veste i panni di Michele Zagaria, l’ex primula rossa del Clan dei Casalesi.

Si tratta di una serie che si propone il compito, arduo, di sviscerare quelle dinamiche ingarbugliate che portarono alla cattura dell’ex boss, certo ben fatta, ma che al contempo rinforza quel processo di “savianizzazione” che ha investito il sud Italia e non solo. Tali rappresentazioni, infatti, non solo presentano modelli totalmente diseducativi nei confronti dei giovani, ma il malcostume spesso “sponsorizzato” da tali prodotti potrebbe seriamente influenzare un numero sempre maggiore di giovani e adolescenti. Basti pensare ai titoli utilizzati per la promozione della serie: “Il boss Zagaria. Tradito dalle donne“, “Quando si è potenti si possono toccare le donne ovunque“, “Michele Zagaria, il boss scapolo dalle numerose amanti“.

Inoltre, sarebbe il caso chiedersi: le organizzazioni criminali, i loro rituali, codici, linguaggi sono di per sé un materiale ‘da rappresentazione’, addirittura un materiale ‘da rappresentazione’ ideale? La storia del cinema mondiale parrebbe dare, quasi lapalissianamente, ragione a questa ipotesi. Da Paul Muni ad Al Pacino, passando per Marlon Brando, ma includendo un “insospettabile” Kurosawa (L’angelo ubriaco, con Toshirô Mifune, 1948) ed omettendo mille e mille altri, vediamo che il crimine, al cinema ma purtroppo anche fuori dai teatri, paga. Certo, con le opere di Saviano la maniera in cui vediamo il crimine organizzato nei media è cambiato per sempre. Ma va ribadito che esiste sempre il rischio, come in ogni trasposizione di fatti criminali, di conferire ai personaggi, specie se vanno incontro ad un finale tragico, una sorta di aura romantica o di fascino perverso.

*  Criminologo e docente di Sociologia della devianza

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