LA GATTA CENERENTOLA E LA TEORIA OLOGRAFICA DELL’UNIVERSO

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di Francesco Capo

Paola Tortora, organizzatrice della Mad entertainement (parola acronimo di Musica, Animazione Documentari, che in inglese significa “pazzo”), la casa di produzione napoletana creata da Luciano Stella, cattura con una telecamera le emozioni e le opinioni del pubblico all’uscita dal cinema Modernissimo, dopo la prima napoletana de “La Gatta cenerentola”. Molti rispondono che è piaciuto perché parla di Napoli. Certo, Napoli è protagonista nei disegni e fa da sfondo alla storia, ma Alessandro Rak, come nella sua prima opera “L’arte della felicità”, vola alto e ci parla della vita, dell’Universo e del Tempo.

Come David Lynch, molto probabilmente anche il disegnatore partenopeo, coadiuvato in regia questa volta da Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone, è rimasto affascinato dalle teorie dell’universo olografico degli scienziati Alain Aspect, David Bohm e Karl Pribram, secondo i quali l’intero universo e finanche il nostro cervello potrebbero funzionare come un ologramma.

Alla base di questa tesi vi sono gli studi di Aspect, il quale scoprì che, sottoposti a determinate condizioni, gli elettroni sono capaci di comunicare all’istante tra di loro e indipendentemente dalla distanza che li separa, sia essa di dieci metri o di dieci milardi di chliometri. Secondo Bohm questa scoperta implicava la non-esistenza della realtà oggettiva e la concezione per cui l’universo è un ologramma. Quest’ultimo è una fotografia tridimensionale ottenuta dall’interazione di raggi laser su un qualsiasi oggetto.  Oltre alla tridimensionalità, un’ulteriore caratteristica dell’ologramma è quella per cui ogni sua parte, anche la più infinitesimale, contiene l’intera immagine.

É come se ogni singola particella sappia esattamente cosa stanno facendo tutte le altre e contenga il tutto. A partire da queste tesi Bohm ipotizzò che esistesse nell’universo un ordine implicito, nel quale ogni particella non è separata o “autonoma”, ma fa parte di un ordine atemporale e aspaziale universale. Al suo livello più profondo la realtà non è altro che una sorta di super-ologramma dove il passato, il presente ed il futuro coesistono simultaneamente.

Poiché il termine ologramma si riferisce ad una immagine statica che non coincide con la natura dinamica del nostro universo, lo scienziato preferiva descrivere l’ordine implicito col termine di “olomovimento”. L’ordine esplicito, quello che noi vediamo, sarebbe il risultato dell’interpretazione che il nostro cervello dà alle onde di interferenza che compongono l’universo.

Secondo Pribram, neurofisiologo alla Stanford University, anche il cervello, a partire dalla memoria, funzionerebbe come una macchina olografica. All’epoca delle sue ricerche, tra gli anni quaranta e cinquanta, l’opinione dominante era che i ricordi fossero immagazzinati in aree specifiche del sistema nervoso. Pribram, invece, dimostrò che anche asportando grosse porzioni di cervello da alcune cavie da laboratorio la loro memoria non veniva danneggiata, segno del fatto che ogni parte contiene il tutto, proprio come l’ologramma. Questo funzionamento varrebbe, secondo lo scienziato, non solo per la memoria, ma anche per la percezione.

Se queste teorie, al momento non accolte dalla comunità scientifica ufficiale, fossero vere, significherebbe che l’intera umanità è intimamente connessa e la realtà che viviamo non sarebbe altro che il frutto dell’interpretazione collettiva che diamo alle onde che compongono l’universo-ologramma. Ciò dimostrerebbe il ruolo di fondamentale importanza che hanno gli organi di informazione e il potere di imprimere senso alla realtà da parte di coloro che sono in grado di raccontare storie che entrano nell’immaginario collettivo.

Così la storia del film si apre in uno scenario avveniristico, quasi sognante, in cui il blu e l’azzurro sono i colori predominanti. Vittorio Basile (doppiato da Mariano Rigillo) è un illuminato e visionario armatore; nella tecnologica nave che ha costruito, la Megaride, e circondato da ologrammi, sogna di costruire nel porto di Napoli un polo della scienza e della memoria, per regalare alla figlia Mia e a Napoli un futuro radioso.  É un uomo sorridente, affabile, che si fida degli altri. Alla sua idea di mondo si contrappone quella di Salvatore Lo Giusto, detto O’rre (Massimiliano Gallo), un cantastorie in grado di “fare le scarpe”, che distruggerà quel sogno facendo cadere l’oscurità e la cenere sulla città e trasformando la Megaride in un casinò e bordello glamour. Mia, nel frattempo cresciuta sola, tra le angherie della matrigna (Angelica Carotenuto, doppiata da Maria Pia Scalzone) e delle sei sorrelastre, e soprannominata da tutti “la gatta”, dovrà vendicare il padre. Ad aiutarla vi saranno i ricordi del passato in forma di ologrammi e Primo Gemito (Alessandro Gassman), fedele bodyguard che lavorava per il padre e divenuto un agente della polizia infiltrato, simbolo dell’uomo coraggioso che lotta per i propri ideali.

La storia si chiuderà con un colpo di scena e l’ultimo fotogramma, improvviso e abbagliante, sarà tutto bianco, come un foglio o una tela in attesa di essere riempita con una nuova storia collettiva. Il cinema e più in generale l’arte hanno, ora più che mai, proprio questo compito. Da Napoli, città che vive un pieno fermento culturale, arrivano energie positive e voglia di scrivere nuove e radiose pagine di storia.