L’ONORE, L’ORGOGLIO, LA PAROLA: NELLA PIECE DI FRANCESCA NARDI UNA STORIA DEL PASSATO CHE SA SPINGERSI NELL’ATTUALITÀ DEL NOSTRO TEMPO.
Nel Festival, dove si fa possibile l’impossibile, tornerà a vivere per un giorno la Contessa di Casa Hirta, Siffridina Gentile, il ‘Fantasma di Casertavecchia’. Domani, alle 12:30, nel suggestivo scenario della Cattedrale, gli spettatori di Settembre al Borgo potranno assistere a un vero e propria stregoneria letteraria, figlia della storia ma anche e soprattutto della penna di Francesca Nardi, giornalista e scrittrice, che proporrà una ‘intervista impossibile’ con la consuocera di Federico II di Svevia. Nel ruolo della giornalista, la valente attrice Maria Angela Robustelli Tavassi, in quello di Siffridina (che anni fa fu di Giuliana Lojodice), Angelica Greco, giovane promessa della scuola casertana. Le due attrici, dirette dal regista Rino Della Corte e accompagnate dalla chitarra di Antonello Musto, ingaggeranno un confronto ricco di pathos, sospeso tra realtà e finzione, passato e futuro, che metterà di fronte alla realtà di oggi una protagonista di ieri.
Siffridina ricorderà quando giovane sposa, arrivò a Casa Hirta, agli inizi del 1200, e racconterà alla giornalista del figlio Riccardo e del nipote Corradello, della prigionia nel castello di Trani, dopo che Carlo d’Angiò si impossessò delle sue terre e di ottant’anni carichi di storia e di mistero. Donna ribelle, orgogliosa e austera, che per 12 anni scelse di stare a pane e acqua pur di restare fedele alla sua casata, Siffridina rappresenta un modello, secondo l’autrice della piece, da seguire. “Fu un personaggio eccezionale in relazione alla condizione della donna nel medioevo: prive di autonomia, anzi, in una condizione di diritti affievoliti, le donne medioevali vivevano sotto la potestà degli uomini o del re, i quali vantavano il cosiddetto “mundio”, ossia il diritto di proteggere una donna sia in campo giuridico che in quello patrimoniale – scrive Giancarlo Dalia, che ne ha tracciato il profilo storico – Tra l’altro non fu la sola a ricoprire, nella terra di Lauro, un ruolo politico di inusuale spessore: nella casata dei Sanseverino, infatti, si annovera anche un’altra donna straordinaria, Sarracena, moglie di Roberto I Sanseverino, la quale resse proprio il feudo lauretano dalla morte del marito fino alla maggiore età del figlio Roberto II, dal quale prese origine il ramo dei Sanseverino detto “di Lauro”.
Non mancano, nel crescendo di emozioni del dialogo impossibile, riferimenti all’attualità. Dirette le stoccate alla politica nazionale (espressi riferimenti a un “garzoncello che parla tosco come un arrotino di Fiesole”, a “quell’altro che attinge a piene mani nella creta e si dà a spalmarsela sul volto e si maschera e si dipinge e si incolla i capelli”, e pure all’altro “arnese, ricciuto come un cherubino incanutito che urla e sbava come un indemoniato”) che rivelano il giudizio decisamente ‘tranchant’ della contessa verso la “pletora di saltimbanchi parolai” che oggi “affollano le stanze del potere”. Altrettanto caustiche le parole riservate a chi, potente o meno, amministratore o turista, “si porta al Borgo una volta l’anno”, nonostante lo spirito di Siffridina – e dunque del Borgo stesso – sia vivo e presente. Sempre. A buon intenditor…