CAPUA – (Tina Palomba) Svelati i segreti della Ilside srl. Eccoli i primi nomi inquietanti dei responsabili del disastro ambientale. Una mini inchiesta dettagliata, con testimonianze locali, delle forze dell’ordine, vigili del fuoco, informazioni di visure camerali, precedenti ordinanze della Magistratura, ci ha permesso di fare una ricostruzione delle stranezze avvenute dall’aprile del 2012 su questa piattaforma di stoccaggio con la speranza che possa essere un primo spiraglio di luce per i residenti che già da tempo non dormono più sonni tranquilli. Dopo l’ultima bomba ecologica dello scorso 11 luglio, dai contorni indefiniti, le autorità preposte dovrebbero chiedere lo stato di calamità per il pericoloso stato di inquinamento dell’aria, delle falde acquifere e dei prodotti ortofrutticoli e far partire una bonifica immediata dell’area. Inoltre i cittadini hanno chiesto, l’altra sera, nel corso di una accesa protesta avvenuta prima e dopo un pubblico consiglio comunale, che la Procura di Santa Maria Capua Vetere e anche la Dda di Napoli, di fare piena chiarezza sulle responsabilità. In passato sono stati proprio i residenti a segnalare alla Procura più volte i rischi di questo sito dopo la mal gestione senza tuttavia ottenere una risposta. Ora a voce alta è stata chiesta “la verità e la punizione dei colpevoli”.
Ecco il riassunto delle stranezze della Ilside srl. E alleghiamo anche i risultati dell’Arpac dopo quest’ultimo incendio e una visura camerale dove si possono vedere i misteriosi passaggi di proprietà della srl
Primo incendio nel 2012
Nel mese di aprile del 2012 l’impianto della Ilside srl è stato interessato da un primo incendio di notevoli dimensioni, sono bruciati 5000/ 6000 tonnellate di rifiuti prevalentemente materiale plastico. Sette giorni durarono l’attività di spegnimento dei vigili del fuoco di Caserta. L’aria come si è verificato qualche giorno fa era irrespirabile. In quell’occasione, è stata raccolta la notizia con particolare precisione, da fonti interne all’azienda, che la stessa da anni prendeva i rifiuti da avviare allo smaltimento, ma effettuava esclusivamente stoccaggio. Ma il problema che il materiale raccolto per la capienza del sito era troppo, è arrivato a contenere fino a circa 20 mila tonnellate. Questa situazione è stata determinata dalla gestione dell’amministratore napoletano, Bruno Gennaro. Secondo le denunce effettuate alle autorità preposte vi erano molte distrazioni di fonti di aziendali che non veniva invece destinati a sostenere i costi dello smaltimento degli scarti di selezione. Tutto questo è stato riscontrato (da precisare che le quantità di rifiuti stoccati consentite dalla autorizzazioni venivano superate di gran numero sempre) dalla polizia provinciale e dalle Arpac in occasione di controlli. Queste scelleratezze avrebbero inciso sulla causa del primo incendio. L’impianto all’epoca fu sequestrato dall’autorità giudiziaria e quest’ultima incaricò il Comune a custodire il sito. Il Comune di Bellona emise del 2013 l’ordinanza con la quale intimava alla Ilside srl di smaltire tutti i rifiuti giacenti nel sito. La Ilside srl non ottemperava a tale ordinanza. Il Comune a questo punto quindi di fronte a questa negligenza della Ilsdie srl emise una nuova ordinanaza la N 23 del 15 novembre del 2013 in danno e incaricando la Esogest Luciano Sorbo di fare la bonifica. Ma quest’ultima società chissà per quale motivo non la fa ma si sarebbe occupata della vendita di tutto ciò che poteva (carta, plastica, vetro, legno, cartone e altro) e non smaltendo neanche un chilo di rifiuto combusto, ma fatturando al Comune di Bellona quasi un milione di euro, così come documentato. La Ilside srl intanto poi ottenne un’autorizzazione a fare un ulteriore cernita dei rifiuti e quindi ad esercitare attività di trattamento. Insomma, la nota srl per mesi ha gestito il sito senza alcun controllo da parte delle autorità preposte, alterando le condizioni precedenti di messa in sicurezza, senza alcuna prevenzione e senza alcun sistema anticendio.
Quindi per anni il sito è stato sotto sequestro da parte della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere mal gestito dalla Ilside srl mediante un nuovo amministrazione giudiziario che si chiama Giovanni Perillo che ha operato fino ad un anno fa quando la società è stata messa in liquidazione ed ha un liquidatore che si chiama Ferdinando Terlizzi.
Incendio dell’11 luglio del 2017
Tutti hanno potuto osservare che la Ilside ha venduto tutto quanto ha potuto… è riuscita persino a vendere i cassoni scarrabili che contenevano rifiuti anche pericolosi, dopo averli scaricati nel piazzale del sito senza alcuna precauzione. Ed è proprio da quei rifiuti che si è propagato il fuoco che ha interessato la struttura che conteneva attrezzature e rifiuti. Naturalmente tutte queste operazioni “a nero” sono servite a realizzare fondi economici da destinare ad altro e non a ottemperare agli obblighi dello smaltimento. Oggi la Ilside non ha nulla da perdere, non risponde di nessun reato in quanto non ha patrimoni economici per risarcire gli enormi danni ambientali e materiali causati al territorio e alle popolazioni della zona. Le proprietà della Ilside in liquidazione, sono gestite da Kokio srl, anch’essa in liquidazione, una società detenuta da una fiduciaria all’estero, quindi non rintracciabile, appartenenti a nullatenenti prestanome di noti uffici legali su cui la magistratura sta lavorando. L’attuale rappresentante legale, non potrà mai risarcire né essere arrestato in ragione dell’età avanzata. Quindi a questo punto le responsabilità potrebbero ricadere sui precedenti amministratori giudiziari Gennaro Bruno e Giovanni Perillo ma anche sul sindaco di Bellona, che avrebbe dovuto intervenire sulle negligenze di Esogest e su altro. Ma ora lasciamo alla Magistratura il proprio lavoro. Una società che continua a cambiare pelle per poter sopravvivere. Svenduta dalla famiglia Iacorossi alla Gardenia srl e oggi …“toh” …alla Kokio srl in Lusserburgo. Evviva Dio! Mentre i cittadini di Bellona, Pastorano e altri comuni limitrofi oggi convivono a pranzo e a cena con la diossina (oggi ancora tanto fumo dalla discarica) e altre materiali cancerogeni per loro, per i loro figli e per la loro terra. Non è giusto…! Gli inquirenti stanno lavorando anche sui numeri di targa di alcune vetture segnalate da alcuni residenti, viste proprio nei pressi dell’impianto, un’ora prima del rogo, che potrebbero far emergere altri colpi di scena.